Nozze d'oro (28 settembre 2021) - a photo on Flickriver

Nozze d'oro (28 settembre 2021)

            Il 28 settembre del 1971 Leila ed io ci siamo sposati. Nella foto siamo ritratti mentre, durante il ricevimento dopo la cerimonia, stiamo tagliando una terrificante torta nuziale. Ma si sa: i ricevimenti nuziali sono fatti per soddisfare parenti e amici (e forse neanche loro); non sono certo fatti per gli sposi, che ovviamente vogliono scappar via il prima possibile e pensano ad altro. A che pensavamo Leila ed io? Come tutti gli innamorati, vivevamo – si direbbe oggi – in una bolla. Per descriverla, forse la cosa più semplice è affidarsi ai versi di un poeta, un maestro delle poesie d’amore, John Donne:

Per nessun altro, amore, avrei spezzato / questo beato sogno. / Buon tema alla ragione, / troppo forte per la fantasia. / Fosti saggia a svegliarmi. E tuttavia / tu non spezzi il mio sogno, lo prolunghi. / Tu così vera che pensarti basta / per fare veri i sogni e le favole storia. / Entra tra queste braccia. Se ti sembrò / più giusto per me non sognare tutto il sogno, / ora viviamo il resto.

Il resto lo abbiamo vissuto. È passato mezzo secolo e siamo arrivati a tagliare il traguardo (intermedio) delle nozze d’oro. Abbiamo attraversato insieme gran parte della nostra esistenza (d’altra parte, eravamo compagni di classe fin dai tempi del liceo). La vita ci ha cambiato. Ci ha arricchito. Ci ha dato dei momenti splendidi, che non dimenticheremo mai. Ci ha dato dei figli e dei nipoti. Ci ha permesso di esprimerci nel lavoro e negli affetti. Ci ha segnato. Ci ha dato (e ci mancherebbe altro) delle delusioni, talvolta cocenti. Ci ha colpito con dei lutti (tanto inevitabili quanto sofferti). Ha lasciato cicatrici sul nostro fisico (e non solo). Non siamo più i ragazzi ingenui e ottimisti di allora, con tutta la vita davanti. Chi ci ha frequentato negli ultimi anni faticherà a riconoscerci in quella foto di cinquant’anni fa. Ma tutto sommato è stata una vita soddisfacente. Il mio passato professionale mi ha sempre indotto a utilizzare, al riguardo, la metafora della bilancia dei pagamenti: dalla vita – era inevitabile – abbiamo avuto le cose buone e quelle negative, l’attivo e il passivo. L’importante è che le prime prevalgano sulle seconde. E così è largamente stato: la nostra bilancia dei pagamenti ha finora registrato un chiaro surplus; ed è improbabile che quel che ci resta da vivere possa rovesciare il segno. Naturalmente oggi siamo molto diversi da quei ragazzi che cinquant’anni fa tagliavano, un po’ emozionati, la torta nuziale. Siamo più maturi (più saggi?) e più acciaccati. E vediamo più il conforto del passato che la speranza nel futuro; che pure resta così importante, se non per noi per coloro che resteranno su questa terra quando noi l’avremo lasciata. Chiudo con qualche altro verso. Stavolta li ho tratti da una poesia di Primo Levi, che l’aveva scritta per sua moglie e che io dedico alla mia:

Abbi pazienza, mia donna affaticata, / abbi pazienza per le cose del mondo, / per i tuoi compagni di viaggio, me compreso, / dal momento che ti sono toccato in sorte. / Accetta, dopo tanti anni, pochi versi scorbutici / per questo nostro compleanno rotondo. / Abbi pazienza, mia donna impaziente, / […] / Non è più tempo di vivere soli. / Accetta, per favore, questi pochi versi, / sono il mio modo ispido di dirti cara, / e che non starei al mondo senza te.

Taken on: September 28, 1971

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Giorgio Rodano

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